)O( Non c'è Fine, Sihnè. )O(

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Hagall
00giovedì 21 novembre 2013 23:59
Shinè diventa Diaconessa del Vespro
Sihnè sta dissotterrando le proprie rune, finalmente purificate e pronte, quando sente la presenza di Hagall al Tempio. La Stella è tornata sull'Isola, dopo un breve soggiorno in Terraferma. Corre da lei, e la trova nei Giardini di Rhiannon, all'interno del Cimitero del Tempio. Si avvicina e, dopo un breve scambio di confidenze circa le Rune, le chiede se vi sia sepolta una parte di lei, nel piccolo tumulo davanti al quale la Sibilla sosta da ore, ormai. Hagall, per tutta risposta, la invita a scoprirlo da sola, scavando. Ciò che Sihnè riporta alla luce, è qualcosa che la sconvolge. Si tratta di un bambino deforme, probabilmente morto prima ancora di nascere. La Stella del Vespro, in lacrime, le conferma il terribile sospetto che l'attraversa: quello è il figlio di Hagall.
Il piccolo viene seppellito una seconda volta e questa si rivela l'ennesima prova chiesta da Rhiannon ad una sua figlia, o forse ad entrambe. Ed entrambe la superano, poichè nessuna delle due vacilla, per quanto faccia male. Così Sihnè da Sacerdotessa viene chiamata a divenire Diaconessa.



Commento:

Role forte, che probabilmente ha risentito dell'umore della sottoscritta in questo periodo. Non ci sono tagli, stelle che si illuminano e i nostri soliti "effetti speciali" non per dimenticanza, ma per scelta. Ho voluto fare una role di promozione diversa e più simile a quelle che si facevano anni fa, in cui tutto era più sobrio ma comunque intenso.




SIHNE {Tempio | Giardini interni > Cimitero} Avalon non dorme mai. La sua terra respira costante anche quando la notte stende il proprio manto sulle dolci pendici della collina sacra; le stelle sono artigli che si aggrappano forti alle rocce, le nuvole lattescenti lividi che ne macchiano il volto nero. E lì, la Luna, il turpe ghigno della Vecchia. Anche Sihné non dorme mai. O meglio: il riposo del corpo è una sottospecie di dormiveglia screziato da apparizioni fugaci -una parentesi che barcolla tra questo universo e mille altri-, quello per la mente non esiste da tempo. Così, non resta soluzione che riempire il vuoto della notte; e ci sono molti modi. C'è un albero di Sorgo, nei giardini interni. La bastarda è inginocchiata a terra con le dita che scavano la terra: è trascorso un mese. Un ciclo di Luna esatto da quando ha sotterrato le Rune Nere tra le radici per purificarle. La veste sacerdotale è riversa a terra, circonda le gambe piegate della più giovane Figlia della notte come la corolla appassita di un delicato fiore. La Velata non risparmia un solo centimetro della pelle candida della Mezzosangue, scavata nel corpo e nell'animo ma ancora lucida nelle percezioni: sono proprio quelle che si destano all'improvviso, riversandole nello stomaco angoscia palpabile. La sente: la Stella del Vespro è tornata e le Ombre si inchinano alla loro sentinella più antica, avvisando infine chi sosta nei Giardini. Le unghie affondano convulsamente nel terriccio, a guisa di un animale braccato da istinti insopprimibili, fino a scovare quanto aveva seppellito: venticinque Rune, ventiquattro simboli ed una pietrolina vuota. Riempie il sacchetto che ha legato al fianco per poi abbandonare le ombre fresche alla volta del Cimitero, sospinta dal bisogno vitale di constatare la sensazione che le pulsa nelle vene. Come una stellina in balia della forza attrattiva di un buco nero, la Sacerdotessa attraversa i giardini accelerando sempre più il passo. I piedi scalzi non fanno alcun rumore sulla nuda pietra, ma il cuore batte un ritmo turbolento, atavico; quello si sente.

HAGALL { Giardini di Rhiannon . Cimitero . FU } • { C’è un grande silenzio. Gli uccelli non s’arrischiano a volare sui morti del Tempio. Numerose fosse non recano altro che i corpi di chi ha servito la Dea. Si tratta di vestali passate, di novizie, di servitori. Le grandi Sacerdotesse non si trovano qui. I loro corpi sono stati bruciati in pire che hanno generato ceneri da spargere nel vento. E poi c’è una tomba, più piccola delle altre, sulla quale la terra è stata posta più recentemente, rispetto a tutte le altre. E davanti a quel cumulo minuto, ritta in piedi come una statua oscura, sta lei, Hagall. Addosso ha la veste sacerdotale. Sul petto il ciondolo di congrega e sui fianchi i simboli del nero cammino: un sacchetto di rune a sinistra, l’Athame a destra. Le braccia sono conserte, con le mani che sfiorano i gomiti. La sente, la presenza di Shinè. La sente ma non la chiama, poiché sa che l’Oscurità non ha bisogno di chiamare a sé le ombre. Queste vengono da sole, trascinate da un istinto più antico di tutto ciò che loro respirano e calpestano su questa Isola Sacra. È questo, la Sibilla: attesa. Costante e muta attesa. Inappagata e straziante attesa. Attesa che ogni cosa si compia, in un incessante divenire che non lascia il tempo di riposare. La sua tregua è durata così poco…non abbastanza da tentarla davvero. È tornata. Ha smesso gli abiti di Lilith e ha reindossato quelli da Sacerdotessa. Ha attraversato il Lago e le sue nebbie. Ha attraversato persino se stessa, in un certo qualmodo. }

SIHNE {Giardini di Rhiannon | Cimitero} Il silenzio, supremo grido delle anime senza corpo. Sihné ha imparato a farselo amico ma, in verità, ancora adesso le incute un po' di paura. Finalmente libere, le Rune impongono la propria presenza: sbattono contro le pareti di tessuto del contenitore che le imprigiona e la loro voce echeggia nel silenzio della notte che si estende a perdita d'occhio, dove le Nebbie ingoiano ogni atomo, lasciando allo sguardo poche sicurezze che non siano una barriera di tentacoli lattiginosi. Anime ributtate dal Territorio delle Fareie che ancora non riescono a liberarsi dei lacci che legano loro le caviglie e allora brancolano nel buio più fitto, tenebre che neppure la Luna può sconfiggere. Suoni. Rumori. Un modo tutto suo di proteggersi. Miriadi di perline di vetro, intrecciate ai capelli, scrosciano alla pari di una cascata sconquassata da vento gelido, ed annunciano così l'avvento di quella Mezzosangue dagli occhi tanto chiari da sembrare dischi di neve: un canto mistico che s'è imbastita addosso per mezzo secolo. La zona dedicata alla Velata trasuda sacralità, perfino gli alberi avvizziti ne spremono dai propri rami sottili e aridi. Tumuli sfregiano la terra sacra, trasudano ricordi. Ogni stelo d'erba intima silenzio e la Veggente accondiscende, rallentando; ogni stella che s'affaccia alla volta nera le suggerisce la vicinanza della più preziosa fra tutte, la più forte fra tutte, quella del Vespro. Hagall. Ne vede il profilo ossuto contro il cielo carico di schegge luminose [Visione crepuscolare] ed, avvicinandosi a lei con la delicatezza insita in ogni figlio sporco degli Elfi, la chiama per nome. Le Rune d'onice tacciono. Le labbra, da ultimo, pure. Solo il suono costante del respiro intacca l'immobilità che circonda le due Ancelle Nere, nonostante le labbra di Sihné siano quasi sigillate. Non ha bisogno di osservarla, per accertarsi del suo ritorno: ogni senso le suggerisce che la Sentinella degli Spiriti è lì, lì con lei. Affidarsi al solo sguardo sarebbe azzardato: spesso e volentieri quello -sfibrato da Visioni su Visioni- tende ad ingannare, sobillato dalla Vecchia stessa. Le si avvicina fin quando, a dividerle, non resterà che qualche metro: «Bentornata» un sussurro limpido eppur esile, poi più nulla. Le è mancata. Lo pensa e ne è convinta. Arroganza? Alla Mezzosangue poco importa.

HAGALL { Giardini di Rhiannon . Cimitero . FU } • { L’attesa viene sempre ricompensata, come piace alla Dea. Stanotte è stata clemente, poiché con sé ha condotto una delle ancelle oscure, e non oscuri presagi. O forse entrambe le cose. Non si volta a guardarla, la lascia avvicinare. In silenzio continua a guardare quel piccolo tumulo a pochi centimetri dai suoi piedi nudi. Lo sguardo è vivo, è in questo mondo e in nessun’altro, adesso. Lunghe ciglia bionde lo proteggono dalle anime che cercano di tuffarcisi dentro. Di annegarvi, come molte altre prima di loro. I capelli sono raccolti in una lunghissima treccia bionda che le scivola fra le scapole. Una pettinatura morbida, sobria, alla quale sfugge soltanto qualche ciocca più sottile delle altre. } Ora il tuo passo è davvero quello di una Sacerdotessa del Vespro. { risponde in un sussurro, alludendo al rumore che fanno le rune nell’accompagnare Sihnè fino a lei. Ogni Oscura Vestale, del passato e del presente, ha quel familiare rumore di sassolini come sottofondo dei propri passi. Che sia legno, pietra, quarzo o ametista, resta un ticchettìo inconfondibile. } Immagino siano un dono di Roseline. { aggiunge sollevando finalmente il viso e cercando la mezza anche con lo sguardo }

SIHNE {Giardini di Rhiannon | Cimitero} Non sono sole, lì. Le cicatrici di terriccio smosso che segnano la terra sono decine di occhi che osservano silenziosi e vigili, spie fidate di Colei che non ha bisogno di umana vista per conoscere le proprie Ancelle. Solo allora si rende conto del piccolo tumulo -non ci ha mai fatto caso, malauguratamente-, e dello sguardo di Hagall. Sposta lo sguardo lungo il viso della Sibilla Dorata, con la poca discrezione che anima l'ossessiva curiosità dei meticci, per sfidare ogni truce ombra appollaiata vicino a quegli occhi ambrati. In certi casi non servono domande, nè risposte. Certe vite passano, leggere come aliti di vento. Alle parole dell'Africana abbassa il mento per sfiorare con lo sguardo il sacchettino che, ora gonfio come una Luna tonda, pende dal lato sinistro della cintola; in corrispondenza, a destra, è assicurato l'Athamé. Annuisce, con quella goccia d'orgoglio indispensabile per non soccombere alla Sua Notte. «Esatto. Le ho appena liberate dalla terra, ora sono purificare» ora sono sue. Nessun'altra mano potrà ghermirle, ed alla Sacerdotessa sta assicurarsi che questo dettame venga rispettato. Le antiche leggi della Dea sono precise, inequivocabili. Ma Sihné, pur rappresentando un'eccezione caratteriale nella schiera della Figlie del Tempio, non cova strane idee riguardo la proprietà di quel simbolo, per ciò la Mutaforma non deve preoccuparsi. Solleva il mento: alla flebile luce dell'astro notturno la sagoma appuntita delle orecchie è ben visibile, dato che i lunghi capelli castani sono accuratamente sistemati dietro le spalle. «E' sepolta una parte di te, lì?» domanda, incapace di trattenere oltre il silenzio. Non ha idea di chi sia stato inumato in quel punto, nè del preciso legame che in vita l'ha unito alla Stella ma, dall'espressione della Sibilla Dorata deduce molto, tanto da azzardare una domanda che i più riterrebbero inopportuna [Empatia +3]. Eppure Sihné è araldo della Morte, è una creatura a metà -contesta tra Uomini e Silvani-, è una giovane donna: un connubio insolito, e taluni interrogativi non possono esser taciute a lungo, per la sua natura.

HAGALL { Giardini di Rhiannon . Cimitero . FU } • { C’è una malinconia strana, nella voce della Stella del Vespro. Qualcosa che non ha nulla a che vedere con la Dea e il suo terribile giogo. Lo sguardo scivola fino al sacchetto di rune. Annuisce quando viene a sapere che sono state purificate. Probabilmente già lo sapeva, come già sapeva che questa notte Sihnè sarebbe giunta a lei, davanti a quel tumulo. } Sai, è una tradizione di cui nessuno parla mai, ma che tutte portiamo avanti da secoli. Ogni Sacerdotessa riceve le sue rune in dono da una sorella. Solitamente da quella che è stata scelta per ultima da Rhiannon prima di lei. { compie una breve pausa, torna a guardare la terra smossa, su cui nessun fiore o filo d’erba ha mai osato prender vita } A me furono donate da Martia. Io avrei dovuto donarle a Roseline. Ma c’era una sacerdotessa del meriggio, a cui lei era molto legata, che lo fece al mio posto. { sorride, nel ripensare ad Elysiane, senza amarezza } E così non ho mai potuto compiere questo rito di passaggio. { non ha mai detto a nessuno quanto questo in realtà le dispiaccia. E non lo dice nemmeno ora, ma Sihnè è la prima a cui, comunque, viene concesso di leggere questa confidenza fra le righe. } È come un cerchio spezzato. { torna a guardarla } È come essere fuori da un Cerchio Sacro. { ma il discorso muore li, dove altri sono morti precedentemente. E non verrà ripreso. La domanda della mezza non la coglie impreparata, ma forse la risposta che da lei, coglierà alla sprovvista la Sacerdotessa } Scoprilo da te. { la mano sinistra indica il piccolo tumulo. La sta invitando a scavare. }

SIHNE {Giardini di Rhiannon | Cimitero} La Ruota gira veloce, ma il mondo ancora di più. Pallide e sottili, le dita della Meticcia, sfiorano per un istante il sacchetto, risvegliando il mormorio delle piccole pietre lucide al suo interno. Accoglie il chiarimento di Hagall in silenzio: ne soppesa ogni dettaglio, ogni nome riferito, con l'attenzione che si dedica alle leggende decantate attorno ai falò quando il tramonto cede posto al crepuscolo. Martia. Elysiane. E tutto il non detto che brulica negli intercapedini tra una parola e l'altra. Alla Veggente Nera non servono grandi sforzi per tradurre il pesante silenzio che vibra non appena le labbra di Hagall tornando unite: il dispiacere la sorprende, e in positivo. Non avrebbe mai immaginato un sostrato tanto umano nella Sibilla, eppure non si rammarica di tale scoperta, che considera una delle migliori, su questo instabile fronte. Non sa a chi siano appartenute, quelle, prima che Roseline le cedesse a lei, e lo ammette senza farne mistero: «Io non conosco la loro precedente proprietaria. Anche così il Cerchio è spezzato?» inarca un sopracciglio elegante, ma la possibile risposta passa in secondo piano quando le viene indicato il tumulo. Per un lungo istante ne fissa il contorno smosso. Lo osserva a lungo, non stanca di un primo studio attento. I minuti sembrano secondi e la luce pallida delle stelle delinea alla perfezione quella tomba, tanto che, tra le altre, è quella che si vede meglio. Flette le ginocchia, adagiandosi a terra frontale al punto indicato dalla Mutaforma. Il cuore inizia a battere un ritmo serrato, quello che scandirà i secondi che la separano dal... patibolo. Ha le unghie ancora incrostate dalla terra smossa per liberare le Rune dalle radici del Sorgo, così che poco cambia -fisicamente- non appena affonda le dita nel terriccio tombale. Scava, dapprima con delicatezza, poi con maggior foga, guidata da un voce roca e graffiante che le rantola nello orecchie promesse e condanne. Scava, e ignora i capelli che le scivolano oltre le spalle, nascondendo il proprio viso all'Africana. Scava perchè, di sicuro, era già stato scritto dovesse accadere.

HAGALL { Giardini di Rhiannon . Cimitero . FU } • { Scuote il capo, lentamente. } A meno che non sia un’eredità, le rune che vengono donate sono create appositamente per la futura proprietaria. Credo che Roseline le abbia fatte costruire per te. { risponde sull’argomento precedente, per poi tacere nel vedere la mezza chinarsi al suolo ed affondare le dita nella terra. È più simile ora Sihnè a Rhiannon, di quanto non lo sarà mai in futuro, neanche se un domani dovesse divenire Stella del Nero Cammino. Sta artigliando la terra. L’elemento sacro ad Ella. La sta smuovendo, la sta allontanando proprio come la Vecchia scava ed allontana tutto ciò che protegge e che da rifugio, riparo. Scava, come Scava la Dea. E Profana, come la Velata Profana la Sacralità della Vita, della Giovinezza, della Purezza e di tutto ciò che ad ogni fanciulla dovrebbe essere concesso in Dono. } Temi ciò che trarrai dalla Terra? { le domanda in un soffio, senza più guardarla, ma spingendo il proprio sguardo oltre il confine del cielo e delle stelle, al di la della stessa Avalon. In un angolo buio della propria memoria, dove assai di rado si concede d’entrare }

SIHNE {Giardini di Rhiannon | Cimitero} Le dita pallide prendono il colore funereo della terra, e anche le maniche scure della veste sacerdotale di sporcano, vittime di un istinto inestinguibile. Scavando il ventre del Giardino le sembra di rimuovere di solcare la propria carne, sotto la pelle, dove la Dea ha sapientemente intrecciato il sangue umano a quello degli Elfi. Sarà un'impressione, ma le pare davvero di percepire qualcosa di viscido e dall'odore ferroso, lì sotto. In apnea rimuove le ultime zolle, dove la terra si compatta a sangue in parte raffermo, in parte ancora disciolto. Ecco: ora è troppo tardi per riavvolgere il nastro dell'esistenza e cancellare gli ultimi minuti; probabilmente la Mezzosangue non ne ha intenzione, anche se per un secondo la tentazione di abbandonarsi a quel disperato appello è devastante. «No. Io non lo temo» ringhia a denti stretti prima di affondare di nuovo gli artigli e smuovere l'ultimo strato, senza sapere cosa troverà oltre. Un atto di fede, l'ennesimo. L'ennesimo, per una Dea che le sta dilaniando come lei ha appena fatto con quella tomba, fino a rinvenirne il feretro. Stringe le mani attorno al cadavere, scoprendolo incredibilmente piccolo, contro ogni aspettativa. Piccolo anche per essere un neonato completamente formato. Quello è il corpo irrigidito di un bambino nato morto. Il bambino della Stella del Vespro. Lo stomaco della Mezzelfa inizia ad inviare i primi segnali di una ribellione evidente, sconquassando la pancia da capo a fondo, e l'odore che il tumulo emana non fa che peggiorare la situazione. Guarda quel corpicino, oltre il velo appannato che le lacrime le appiccicano sugli occhi chiari, ora piegati in due fessure che a malapena concedono una netta visione di ciò che le mani stringono e che, pietrificate, non riescono a lasciare. Il cielo non regge e anche la terra decide che quel terrore è troppo pesante. È lei, Sihné stessa, l'unica che ancora resiste. I polmoni si rifiutano di rilasciare l'anidride carbonica in eccesso, azzerando la respirazione, come se quella fosse prassi quotidiana. «E'... è...» le labbra di schiudono ma, al posto di formulare qualsivoglia domanda, igurgitano ossigeno, che si strozza poco dopo, in gola. Quello manca. Non arriva più aria alla testa. Trema, la Veggente Nera; trema ma non si mostra in altro modo debole al cospetto della Vecchia e della Sua Stella. Non ha idea di quanto tempo le scivoli sulle spalle prima di riuscire a ricacciare il corpicino cianotico nella buca ed affondare le dita del terreno compatto ai lati del sepolcro, senza ancora sollevare il volto. Solo la colonna vertebrale la regge, così, curva: se non fosse per le ossa si sarebbe già abbandonata al suolo, come uno straccio. I capelli e le perline fanno da velo a quella piccola tomba, ricadendo sul terriccio misto a sangue. Respira, ma il puzzo marcescente le è entrato dentro. Si piega indietro e riesce a sedersi, in affanno: non sa se e quando riuscirà a controllare lo stomaco. Nonostante ciò, non si pente della propria iniziativa. Perchè lei non teme. Lei non La teme, non per questo.

HAGALL { Giardini di Rhiannon . Cimitero . FU } • { Continua a tenere lo sguardo in quel mondo così distante da sembrare un’altra vita, ormai. Quasi immaginata. Forse sta chiedendo a Sihnè di consegnarle la prova di averla davvero vissuta, e di non essersela solo sognata. Davvero qualcuno, un tempo, le disse che lei era bella come la notte? Davvero qualcuno le raccontò del cielo stellato, contando per lei, quando era cieca, ogni singola lentiggine luminosa della volta notturna? E davvero, un tempo, il suo ventre si gonfiò fino a tendere le vesti scure, impedendole di accovacciarsi con le ginocchia al petto, come tanto le piace fare ancora oggi? Davvero vi fu un amore, per lei, prima che Rhiannon glielo restituisse in un corpo decapitato? Si. E glielo rivela proprio la mezzosangue, nel trarre dal ventre della terra ciò che anni orsono Eiluned trasse dal suo. Quando l’odore di morte raggiunge il suo naso, la Sibilla finalmente piega il capo. Guarda ciò che l’altra tiene fra le mani e gli occhi le si riempiono di lacrime. Si inginocchia lentamente accanto a lei, portandosi una mano alla bocca. Lascia sulle proprie dita un bacio silenzioso, che poi trasferisce in una carezza sulla fronte di quel piccolo cadavere deforme. L’unica ragione per cui non è mai entrato in decomposizione è perché ha avuto la fortuna -o la sfortuna- d’esser figlio di una Sacerdotessa e di esser stato sepolto in una terra benedetta dalla Dea. } …è il mio bambino. { con la voce che trema, completa lei la frase che si spezza fra i denti di Sihnè. Non aggiunge altro, né compie altre azioni, mentre la Sacerdotessa rimette il piccolo in quella che sarà la sua unica culla per l’eternità. Quando il tumulo sarà di nuovo coperto, e tutto sembrerà tornato alla normalità, nuovo verbo lascerà la sua gola } Non c’è Fine, Sihnè. { sussurra con le lacrime che le solcano il viso } Non c’è Fine al Dolore. Lei lo rinnova ogni giorno. Non c’è Fine alla Morte che Lei reca con sé in ogni istante. Non c’è Fine agli Incubi con cui tormenterà le tue notti. { le lacrime scendono copiose, lo sguardo è triste, ma al contempo pregno di un’accettazione da cui trae sempre nuova forza. } Non c’è Fine. { ripete, assente. Poi, raccogliendo fra le mani il viso dell’altra, lo avvicina al proprio. Chiude gli occhi e in un sussurro appena udibile, aggiunge } Mi dispiace…io Condanno. { le sue labbra si posano sulla stella che l’altra ha sulla fronte, lasciandovi un bacio gelido. Un bacio che non ha nulla di materno, e che farà sentire la mezza sia a casa sia completamente sola } Io ti Condanno a ServirLa ancora, Diaconessa.

SIHNE {Giardini di Rhiannon | Cimitero} La Dea la vede, la sente e la conosce benissimo. Le legge negli occhi la forza di cui è capace, ma le lascia colare le lacrime lungo le guance pallide. Pur serrano le palpebre, o perfino sotterrandosi come uno di quei cadaveri che costellano le viscere dei Giardini, non sarà facile liberarsi dell'immagine di quel corpicino irrigidito in posizione fetale. Quasi sembra che dorma, lì, in quella culla di terra e sangue di madre. Lascia che Hagall le prenda il viso tra le mani: è quasi piacevole non dover più lottare contro la forza di gravità perchè il capo non ciondoli inerme con lo sguardo fisso sulla tomba profanata. Un motivo in più per controllare la tensione che ora il corpo accusa, implacabile. Le labbra crepitano e si dischiudono, dando forma solo a fiati compromessi, mentre la Nera Stella declama la sentenza, e chiude gli occhi: le ciglia fragili cozzano l'una contro l'altra. Terremoto in scala ridotta. Condanna terribile. Condanna necessaria. L'impatto distrugge, ma lei resta immobile, aggrappandosi alle piccole ancore che la trattengono nel mondo dei vivi. Diaconessa. A quell'appellativo calca le unghie ancor più in profondità, e non le importa che si spezzino lì, contro schegge di pietre e ramoscelli fossilizzati e, quando sente di aver assorbito dall'elemento sacro a Rhiannon abbastanza linfa, apre gli occhi. Fessure pallide, cerchiate da occhiaie violacee, si interfacciano con un mondo dal quale fumano Spiriti, che accolgono la nuova Diaconessa Nera: stridono il loro atroce benvenuto, accerchiandola, rubandole il respiro. Serra gli occhi: in quegli specchi scheggiati si riverbera panico allo stato puro. Sa che i Doni della Saggia includono anche questo ma adesso no, non vuole vedere. Non ora. Entrambe le mani cercando quelle della Sibilla Dorata, alle quali si aggrappa convulsamente, fors'anche graffiandone il dorso, per spostarsele sulle orecchie aguzze, gremite delle voci e delle urla dai fantasmi. Le bucano gli occhi, le lacrime, la Sihné le ricaccia oltre l'orlo delle iridi che bruciano. Fa male. Fa male persino guardare. Le chiede di restare. Una disperata preghiera affinché resti, almeno questa notte. Almeno in questo momento, perchè quella stellina le sta scarnificando l'anima.



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