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Forum delle Sacerdotesse del gioco di ruolo Isola di Avalon

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Arshal

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2009 09:48
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Città: REGGIO EMILIA
Età: 36
Sesso: Femminile
Luna Nera
17/11/2009 09:48
 
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La giovane donna era distesa su un letto che non conosceva. Si guardò attorno riprendendo lentamente i sensi: si trovava in una stanza povera, ma pulita e calda.
“Mouren! Mouren, vieni si è svegliata!” una donna era comparsa sulla porta della piccola stanza, era bassa e tozza, con un’infinità di ricci biondi che le incorniciava il viso rotondo “Tranquilla, mia cara, sei al sicuro qui.” La rassicurò vedendo l’espressione preoccupata che le si era dipinta sul viso “Io sono Aliena e questo è mio marito , Mouren.” disse indicando un uomo che entrava in quel momento nella stanza “Ti abbiamo trovata poco lontano da qui, avevi una freccia conficcata nel braccio e una brutta ferita alla testa. Come ti senti ora?”
“Io…bene…credo…” rispose con quella voce che era poco avvezza ad utilizzare.
“Come ti chiami?”
“Ar…” il nome le si spense in gola, girò la testa dall’altra parte e chiuse gli occhi.
“Non devi avere paura di noi, cara, non ti faremo del male.” disse la donna accarezzandole i capelli “Non vuoi dirci chi sei e da dove vieni?”
“Il mio nome è Arshal…” rispose senza voltarsi “e vengo dal nord…”

“Sono nata in Scozia, in un piccolo villaggio. Mia madre, Helena, era una donna bellissima e moltissimi uomini la chiedevano in moglie, anche se era povera e priva di dote, ma lei non ne accettava nessuno. I suoi genitori, i miei nonni, erano morti quando aveva solo sedici anni e lei viveva da sola, con l’aiuto e l’amicizia di una donna che abitava nella casa accanto alla sua. Un giorno al villaggio arrivarono dei forestieri, avevano la pelle scura e scuri erano i loro occhi e i loro capelli. Mio padre non parlava la nostra lingua, ma lei se ne innamorò immediatamente. Era alto, bello e i suoi modi erano più gentili di quelli di qualunque uomo Helena avesse mai conosciuto in vita sua. Trascorsero insieme solo una notte, nei boschi vicino al villaggio, e il giorno dopo lui ripartì con i suoi compagni. Da quella notte nacqui io. Il mio nome, Arshal, è l’unica parola che mia madre sia riuscita a comprendere dei discorsi che l’uomo pronunciò nella sua strana lingua…una parola che ripeteva molto spesso. Odiavo e odio questo nome! Così poco femminile, così privo di significato…Non giocavo con gli altri bambini, tutti mi evitavano e la mia presenza, come quella di mia madre, era tollerata solo perché la vecchia amica di mia madre impediva a tutti di cacciarci; quella donna, Araia, era tenuta in gran considerazione nel villaggio, non ho mai compreso del tutto il motivo, e nessuno osava contraddirla apertamente. Quando avevo dodici anni, mia madre morì colpita da una febbre che nessuno era in grado di curare…o, forse, che nessuno voleva curare. Araia mi accolse come una figlia in casa sua. Ormai la donna era anziana, ma aveva ancora una forza sorprendente, sia fisica che spirituale. Ogni sera mi raccontava storie di paesi lontani e, in particolare, mi parlava della terra dov’era nata. In quel periodo passavo quasi tutto il mio tempo in casa a cucinare – Araia vendeva al mercato le pietanze che preparava nella sua cucina – e parlavo poco. Quattro anni dopo morì anche la mia anziana benefattrice, all’improvviso, lasciandomi orfana per la seconda volta. Pochi giorni dopo, venni accusata di aver rubato del denaro…ma vi giuro che non era vero! Non ho mai fatto un cosa simile!...ad ogni modo, mi cacciarono dal villaggio e io mi rifugiai nei boschi. Durante la notte viaggiavo, volevo allontanarmi sempre di più dal luogo dov’ero nata, e di giorni riposavo, rimanevo nascosta e non parlavo con nessuno. Quando la fame, o il freddo diventavano insopportabili mi spingevo fino a un villaggio per rubare qualcosa…so che era sbagliato, ma non sapevo come sopravvivere altrimenti…Per quasi quattro anni, credo…ma potrebbero essere anche di più, o di meno…dicevo, per quasi quattro anni ho vissuto tra gli alberi, con l’unica compagnia di qualche animale che ogni tanto si fermava ad osservarmi da lontano. Imparai a scappare quando sentivo variare il tranquillo canto degli uccelli, o quando il rumore degli zoccoli di un qualche animale indicavano una fuga precipitosa. Poi…ricordo che una freccia mi ha colpita all’improvviso e…nient’altro.”

Aliena le sorrise dolcemente.
“Devi essere caduta e aver battuto la testa. Puoi rimanere con noi finché lo desideri, ma per ora è meglio che ti riposi e rimani a letto. Ci prenderemo noi cura di te, cara.”
“Grazie…” rispose Arshal rispondendo al sorriso con un movimento incerto delle labbra.

Nei mesi seguenti, Arhal, riacquistò lentamente un po’ di serenità. Senza riuscire, però, ad abbandonare l’abitudine, acquistata negli anni di solitudine, di compiere gesti incoerenti con la situazione (come scuotere la testa) in risposta ai propri pensieri. Un giorno Aliena le si avvicinò, nel frutteto dietro la casa, e le si sedette accanto.
“Partirai presto, non è vero?”
“Sì, credo di sì…voi siete stati molto buoni con me, ma…”
“Non hai intenzione di essere un peso per noi. Tu sai che non è per niente così, vero? Sai che saremmo felici se tu restassi con noi, come una figlia? E’ vero, Mouren non è molto presente e non parla molto, ma con il tempo imparereste a conoscervi.”
“Lo so…e sarei felice di avervi come genitori…Ho avuto tre madri: la prima mi ha messa al mondo e mi è stata vicina nell’infanzia; la seconda mi ha salvata e mi ha insegnato a sognare, a portare la mia immaginazione oltre i suoi soliti confini; la terza mi ha curata e considerata come una donna…quella terza sei tu. Voglio conoscere i luoghi di cui mi ha parlato Araia, voglio che i miei sogni escano dalla mia immaginazione e che siano reali! Forse, un giorno tornerò.” concluse sorridendo alla donna.
“Ricordati che qui sarai sempre la benvenuta, Arshal.”
La ragazza si morse il labbro inferiore nel sentire il suo nome.
“Arshal…questo nome è tutto quello che ti rimane della tua storia, di tua madre e di tuo padre, non puoi rinnegarlo! E’ un bel nome ed è improbabile che molti altri lo portino.”
“Molti altri…è davvero un nome da uomo, dunque…”
“Io lo trovo dolce e aggraziato.” ribatté la donna “Inoltre, devi ammettere che una fanciulla che vive per quattro anni nei boschi non può pretendere un nome esageratamente femminile!”
Arshal rise e prese le mani della donna tra le sue ringraziandola.
Il giorno seguente salutò i suoi due ospiti e si mise in viaggio. Dopo poche ore di cammino si accorse che un grosso cane, dal manto nero e le zampe bianche, la stava seguendo. Alla sera posò una parte del suo pasto a qualche metro di distanza da lei, il cane si avvicinò acquattato sul ventre e si allontanò correndo dopo aver afferrato il cibo. Arshal ripeté la stessa operazione per diversi giorni, avvicinando sempre di più a sé il cibo, finché una sera il cane non lo prese dalle sue mani. Continuò il viaggio con l’animale, a cui aveva dato il nome di Stranger, anche se questo si allontanava da lei per periodi abbastanza lunghi. Lungo il percorso incontravano di quando in quando qualche altro viandante. Stranger iniziava a ringhiare non appena scorgeva una di queste persone, ma imparò a placarsi quando Arshal lo rimproverava, o gli appoggiava una mano sulla testa. Rimaneva comunque irrequieto finché non si trovava di nuovo solo con la giovane donna e a volte si allontanava o continuava a ringhiare sommessamente. Dopo diversi giorni giunsero alle terre di cui le aveva parlato e dov’era nata Araia: Barrington e Avalon.

Età: circa 20 anni.

Aspetto fisico: I capelli sono di un castano molto scuro e anche la carnagione è leggermente scura, gli occhi spiccano con il loro verde chiaro. E' alta 1.70, esile. Veste quasi sempre di verde e le piace portare i capelli raccolti in una treccia, anche se spesso li tiene sciolti.

Carattere: E' spesso malinconica e fatica a fidarsi del prossimo. A volte ricerca la solitudine. Tenta, però, di forzare il suo carattere e di vincere la diffidenza.

Allineamento: Neutrale puro



"Io sono sempre stata te."






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